Maggio 10, 2024

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Recensione “Fiorita”: Un viaggio intimo dentro un albero genealogico allargato

Recensione “Fiorita”: Un viaggio intimo dentro un albero genealogico allargato

I kit di test hanno fatto miracoli per il mondo della genealogia popolare e dei drogati della fama che erano entusiasti di scoprire di avere il DNA di Jane Austen. Ma per persone appassionate come l’avvocato di Los Angeles E. Randol “Randy” Schoenberg, nipote del leggendario compositore espressionista Arnold, rintracciare i propri antenati è ancora più importante quando si possono visitare i luoghi in cui sono sepolti i propri antenati.

Quando anche la propria famiglia è ebrea, con una storia di immigrazione e persecuzione, il viaggio può avere un significato più ricco che va oltre il semplice entrare in un registro qui e trovare una lapide là. Come conferma Randy, che ha creato il suo primo albero genealogico all’età di 11 anni, in “Fiorita”, un nuovo documentario che racconta il suo viaggio in Europa lo scorso anno con il figlio diciassettenne Joey per vedere fino a che punto potevano risalire al loro lignaggio, e conoscere coloro che provengono da… Prima che possano sentirsi come se stessero impedendo la “morte finale”, che non lascia nessuno a ricordarsi di loro.

Con quel tipo di pesantezza nell’aria, non sorprende che l’adolescente Joey abbia qualche esitazione ad affrontare un viaggio pieno di scantinati, libri e tombe. Ma suo padre, con gli occhi spalancati, sembra un bambino in un negozio di dolciumi. (Randy si è fatto un nome recuperando i dipinti saccheggiati dai nazisti, come raffigurato nel film di Helen Mirren del 2015 “Donna in oro“.”)

Una scena del documentario “Fiorita”.

(pellicole per anelli in gomma)

Accompagnato da parenti residenti in Europa e con l’aiuto di diversi custodi della storia ebraica, il duo padre-figlio inizia il viaggio a Vienna, dove è nato il talentuoso nonno di Randy (e dove l’Arnold Schoenberg Center si è trasferito dalla USC). Si estende poi alle sinagoghe, ai centri storici e ai monumenti commemorativi di tutta la Repubblica Ceca (da cui discendeva la famiglia della madre del compositore), per finire infine al cimitero ebraico del Lido di Venezia, dove si ritiene sia la più antica antenata conosciuta di Randi, la titolare Fioretta. sepolto nel 1600.

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Anche se questo è chiaramente personale per Randy – e in definitiva anche per suo figlio – il documentario squisitamente girato del regista Matthew Michori fatica a portare in vita questa storia portata alla luce oltre i confini di un tour disordinato e organizzato in modo goffo guidato da un docente troppo zelante. L’enorme numero di nomi, link e mini-biografie è sorprendente (ha 500 anni), per non parlare dei numerosi siti visitati e dei partecipanti che forniscono preziosi feedback. Ma senza un’organizzazione grafica di tutte queste informazioni (nemmeno un pratico albero genealogico), lo spettatore può sentirsi come uno dei curiosi frequentatori del museo in fondo che non può seguire, tanto meno fare domande.

Tuttavia, ciò che risuona con commovente chiarezza è la relazione tra i personaggi che incoraggia Randy, e quanto deve essere gratificante ricercare la genealogia in compagnia di anime che la pensano allo stesso modo: la cugina di Venezia che vuole disegnare ogni antenato di cui sente parlare. ; Il merciaio condivideva con entusiasmo la sua collezione di vecchi quaderni ebraici; Lo studioso italiano è entusiasta di incontrare un discendente americano del profeta cabalistico dal quale era ossessionato; La donna ceca si è dedicata a commemorare la comunità ebraica che un tempo era un punto fermo della sua strada.

Diario di viaggio ben intenzionato ma affrettato, “Fiorita” trova una conclusione soddisfacente in compagnia degli Schönberg: custodi di una memoria collettiva che non svanirà davanti ai loro occhi.