Maggio 2, 2024

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Focus: Giorgio Armani sta forgiando la propria eredità attraverso un piano di successione

Focus: Giorgio Armani sta forgiando la propria eredità attraverso un piano di successione
  • Giorgio Armani sta facendo piani di successione aziendale
  • Armani, 89 anni, resta alla guida dell’azienda da lui costruita
  • La proprietà deve essere divisa tra il gruppo ristretto e la fondazione
  • La quotazione delle azioni non potrà avvenire per almeno cinque anni

MILANO (Reuters) – Giorgio Armani ha sempre mantenuto un controllo stretto sull’azienda da lui fondata, e l’attenzione per i dettagli del re della moda italiana si estende a regole chiare su come sarà gestita dopo la sua morte.

Armani, 89 anni, rimane amministratore delegato e di fatto unico azionista dell’azienda fondata con il suo defunto socio negli anni ’70, che lo scorso anno ha registrato un fatturato di 2,35 miliardi di euro (2,5 miliardi di dollari).

Senza figli a cui tramandare, ci sono state speculazioni sul futuro a lungo termine dell’impero Armani e se, in un settore dominato da conglomerati del lusso, sarà in grado di mantenere l’indipendenza che tanto ama.

Ma un documento finora misterioso del 2016, in possesso di un notaio di Milano e visionato da Reuters, stabilisce i futuri principi di governo per coloro che erediteranno il gruppo, mentre un altro documento descrive in dettaglio questioni tra cui la protezione dei posti di lavoro presso l’azienda.

Il primo documento spiega come i suoi eredi dovrebbero gestire una potenziale quotazione in borsa – ma non prima di cinque anni dalla sua morte – e qualsiasi potenziale attività di fusione e acquisizione.

Per quanto riguarda il look di Armani, il documento li impegna a “cercare uno stile semplice, moderno, elegante, non ostentato, con attenzione ai dettagli e facilità d’uso”.

Il documento è il frutto di un’assemblea straordinaria convocata da Armani nel 2016 per adottare il nuovo regolamento interno del gruppo che entrerà in vigore dopo la sua morte.

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Piano di successione

Tra gli eredi di Armani dovrebbero esserci la sorella, altri tre familiari che lavorano nell’azienda, il collaboratore di lunga data Pantaleo Dell’Orco e una fondazione di beneficenza.

Il regolamento interno divide il capitale della società in sei categorie con diversi diritti di voto e poteri, ed è stato modificato a settembre per crearne alcune senza diritto di voto.

Il Gruppo Armani, che rappresenta anche i familiari menzionati nel documento, nonché l’amministratore delegato, ha rifiutato di commentare il documento o il suo contenuto.

Non è chiaro dal documento come verranno distribuiti i diversi blocchi di azioni, ma gli esperti di corporate governance affermano che le linee guida dovrebbero garantire una transizione relativamente fluida, conferendo al consiglio di amministrazione un ruolo centrale.

«Si tratta di un’organizzazione che riduce i margini di disaccordo tra gli eredi», ha detto a Reuters Guido Corbetta, professore di strategia aziendale all’Università Bocconi di Milano.

Armani ha una sorella minore, Rosanna, e due nipoti, Silvana e Roberta, oltre a un nipote, Andrea Camerana. Della famiglia fa parte anche Dell’Orco.

Attualmente sono tutti membri del consiglio di amministrazione e, a parte Rosanna, lavorano tutti per il Gruppo Armani.

Silvana e Dell’Orco sono a capo del dipartimento di design e lavorano a stretto contatto da decenni con Armani, che li definisce i suoi “collaboratori di stile”.

Lo statuto del 2016 delinea il processo attraverso il quale il consiglio nominerà i futuri direttori della moda donna e uomo in un’azienda nota per la sua sartoria classica.

Roberta è Responsabile Intrattenimento e Relazioni VIP, mentre Camerana è Amministratore Delegato della Sostenibilità.

Anche altri gruppi della moda, tra cui LVMH, la società di lusso più preziosa d’Europa, si trovano ad affrontare problemi di successione, con i cinque figli del CEO e presidente di LVMH Bernard Arnault che ricoprono ruoli dirigenziali chiave nei marchi dell’impero.

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Un’eredità duratura

Nel 2016 Armani ha anche creato una fondazione che attualmente detiene una piccola quota simbolica ma è destinata a svolgere un ruolo fondamentale nella protezione dell’azienda fondata con Sergio Galeotti prima di mettersi in proprio quando il suo socio morì nel 1985.

Il suo scopo è reinvestire il capitale in cause di beneficenza e mantenere l’influenza duratura di Armani sul gruppo.

Lo statuto della società, visionato anche da Reuters, prevede di gestire la partecipazione con l’obiettivo di creare valore, mantenere i livelli occupazionali e perseguire i valori dell’azienda. Il Gruppo Armani conta circa 9.000 dipendenti.

Questa soluzione è simile a quella adottata dal fondatore di Rolex Hans Wilsdorf, che nel 1960 lasciò il marchio a una fondazione che tuttora possiede la manifattura di orologi di lusso.

Armani ha sempre difeso l’indipendenza della sua azienda e ha escluso fusioni, soprattutto con gruppi francesi che hanno fagocitato marchi italiani come Gucci, ora di proprietà di Kering.

La normativa interna del gruppo prevede un “approccio prudente alle acquisizioni finalizzato solo a sviluppare competenze che non esistono internamente dal punto di vista del mercato, del prodotto o del canale”.

Prevede inoltre la distribuzione del 50% degli utili netti agli azionisti.

L’eventuale quotazione in Borsa richiederebbe il voto favorevole della maggioranza del Consiglio di Amministrazione “decorso il quinto anno dall’entrata in vigore del presente Regolamento”.

Il Gruppo Armani non ha voluto commentare la possibile quotazione nel medio termine.

“I principi fondanti mostrano la volontà di Armani di trasmettere e prolungare la sua idea di azienda e di business, e c’è un desiderio di immortalità”, ha affermato Corbetta, professore dell’Università Bocconi.

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Nonostante la sua attenta pianificazione, se gli obiettivi di Armani gli sopravviveranno o meno alla fine sarà fuori dal suo controllo.

“Loro (le regole) possono restringere un po’ l’azienda e non stare al passo con i cambiamenti radicali del mercato”, ha detto Corbetta.

($1 = 0,9376 euro)

(Questa storia è stata riformulata per correggere la traduzione in “indossabilità” e non “visibilità” nel paragrafo 6)

(Segnalazione di Elissa Anzolin) Montaggio di Keith Weir e Alexander Smith

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